Raimondo e il suo destriero
C’era una volta, in un regno lontano, un principe, il
cui nome era Raimondo.
Egli, sin da piccolo, sognava di diventare un prode
cavaliere, ma i suoi genitori erano molto protettivi e gli proibivano di uscire
dal castello per evitare che gli succedesse qualcosa.
Un bel giorno, ormai vicino alla sua maggiore età, il
principe ricevette in dono quel cavallo da lui tanto desiderato: la criniera
lucida e scura come anche la coda, le zampe forti e muscolose. Ben presto
Raimondo scoprì nel cavallo, suo amico, delle doti magiche inaspettate. Iniziò
a fare delle battute di caccia, prima nel suo regno, per poi allontanarsi anche
nelle contee vicine. Fu proprio in una di queste occasioni che incontrò con lo
sguardo, per la prima volta, un’affascinante ragazza, dagli occhi turchini e le
guance rosee come una pesca, affacciata a una finestra di un castello. Fu amore
a prima vista, tantoché Raimondo volle avvicinarsi, per conoscerla.
<<Buongiorno, graziosa creatura!>> disse Raimondo.
La principessa rispose timidamente: <<Buongiorno a lei
cavaliere, ha fatto buona caccia?>>.
<<Veramente no>> disse il giovane <<ma sono ugualmente
contento perché ho avuto l’opportunità di conoscerla>>.
Da quel momento, il principe, approfittando della
solita battuta di caccia, si recava dalla principessa e suonava per lei dolci
melodie.
Uno sventurato giorno, però, la principessa dalla
lunga e brillante chioma fu rapita da una strega invidiosa della sua
straordinaria bellezza.
La notizia viaggiò, come un fulmine in tutti i regni,
fino ad arrivare all’orecchio di Raimondo. Egli, senza pensarci due volte, si
mise a cavallo alla ricerca della sua bella, nonostante il divieto imposto dai
genitori che fin troppo bene conoscevano la cattiveria della strega.
Il temerario cavaliere per salvare la sua amata doveva
superare la foresta nera, il torrente maledetto e infine giungere all’antro
della strega.
Il giovane, alla partenza, raccomandò il suo cavallo
dicendo: <<Mio prode destriero, compagno di avventure, affido a te la mia vita e
quella della principessa Ginevra>>.
Il destriero, tranquillo, rispose: <<Non ti deluderò,
combatteremo insieme>>.
Nel frattempo, la megera, tramite la sua sfera di
cristallo, osservò il principe dirigersi verso il suo antro, così decise di
ostacolarlo con le sue arti magiche.
Giunti alla foresta nera, Raimondo e il suo destriero
trovarono un grande golem a impedirgli il passaggio. Al principe balenò in
mente un’idea, che subito comunicò al suo cavallo.
Di fronte al golem i due si divisero: il cavallo trottò
a destra mentre il principe con una capriola in aria saltò giù e corse verso
sinistra, confondendo l’avversario che restò perplesso, data la velocità
dell’azione.
Superata questa prova, i due amici si trovarono al
torrente maledetto che, pur essendo poco profondo, era pieno di piranha. Mentre il principe pensava di essere spacciato, il
cavallo, battendo il suo zoccolo per terra, fece congelare un tratto d’acqua
creando un ponte ghiacciato che univa le due sponde del torrente. Ciò non fermò
la furia dei piranha, che riuscivano comunque a saltare su di questo. Il cavallo fu costretto a battere lo zoccolo una seconda volta, facendo innalzare
il letto del torrente e creando, così, delle barriere ai lati del ponte.
I due lo attraversarono velocemente, avendola vinta
sulla strega per l’ennesima volta.
L’arpia, nel frattempo, schierò i suoi perfidi corvi
davanti al suo castello, per impedire al principe il passaggio.
Dopo alcune ore di galoppo, i due amici si trovarono
davanti al “muro nero”; invano il giovane tentò di espugnarlo con le spade: più
corvi egli uccideva e più ne arrivavano.
Il cavallo, dopo un attimo di esitazione, si vide
costretto a trasferire la sua forza magica alle spade di Raimondo, perdendo, però,
tutti i suoi poteri. Il valoroso cavaliere, con le spade incantate, sferrò con
forza colpi a destra e a manca, riuscendo a creare un varco e quindi a
penetrare nelle stanze oscure del castello.
Qui, incontrò la sua rivale che con aria minacciosa
disse: <<Bada bene, giovanotto, se la mia prigioniera vorrai, battermi dovrai>>.
Così, il principe, sfoderata la spada, sferrò un colpo
dopo l’altro, difendendosi dalle saette magiche lanciate dalla strega, fino a
quando un colpo andò dritto al ventre della perfida donna, distratta dal
nervoso nitrito del fedele cavallo.
In poco tempo, dei fasci di luce s’irradiarono negli
spazi circostanti: il cavallo ne fu colpito riacquistando i suoi poteri, la
foresta nera rifiorì, nel torrente guizzarono felici
piccoli pesci e si aprirono le porte della cella della prigione, dove giaceva impaurita la giovane Ginevra.
Il principe si avvicinò e felice disse: <<Mia adorata non aver paura, sono io, il tuo Raimondo, ti ricondurrò al castello, dove abbraccerai i tuoi cari>>.
piccoli pesci e si aprirono le porte della cella della prigione, dove giaceva impaurita la giovane Ginevra.
Il principe si avvicinò e felice disse: <<Mia adorata non aver paura, sono io, il tuo Raimondo, ti ricondurrò al castello, dove abbraccerai i tuoi cari>>.
Lei, buttandosi tra le sue braccia, disse: <<Grazie, mio cavaliere, ti ho aspettato a
lungo e adesso non voglio più allontanarmi da te>>.
I due, felici, in sella al loro insostituibile amico,
giunsero al castello e qui annunciarono le loro imminenti nozze.
Raimondo, finalmente, era soddisfatto: aveva provato a
tutti di essere un esperto cavaliere e sposava la donna dei suoi sogni.
Mario Marzano
Il giovane Gabriele
C’era una volta
una giovane principessa che era molto infelice, perché il padre la teneva
rinchiusa nel castello e l’aveva promessa in sposa ad un ricco, ma odioso principe
ereditario.
Un giorno, un giovane, passando col suo cavallo sotto la finestra della stanza in cui viveva la principessa, sentì un pianto disperato. Si avvicinò quanto più gli fu possibile e vide una bellissima fanciulla che implorava aiuto.
Il giovane appena la vide se ne innamorò e non si rassegnò all’idea di saperla lì rinchiusa. Ritornò molte volte sotto la finestra della principessa, ma non riuscì più a vederla. Decise allora di farsi ricevere dal re per chiedergli la mano della figlia.
Al suo cospetto, con modi molto gentili disse: <<Signore, lascia libera tua figlia e permettimi di sposarla. Io la tratterò bene e la faro felice>>. Il re, molto adirato, rispose: <<Come osi farmi questa richiesta! Fuori dal mio castello e non tentare mai più di avvicinarti a mia figlia o sei morto!>>. Subito dopo chiamò le guardie e lo fece portare via con la forza.
Il giovane non riusciva a darsi pace, perché voleva che la principessa sapesse quanto egli l’amava, perciò decise di recarsi sotto la sua finestra e di cantarle ogni sera una serenata diversa. Finalmente, una volta, approfittando dell’assenza del re, la principessa riuscì ad affacciarsi al balcone e a parlare col giovane. Egli con voce accorata le disse: <<Vieni via con me e vivremo felici nella mia casa>>. La principessa replicò:
<<Vai via, ti prego, mio padre non vuole! Ha già scelto chi devo sposare>>.
L’innamorato rispose: <<Con lui non sarai mai felice! Io non andrò via, finché tu non verrai con me>>. La principessa continuò ad implorarlo di andare via, perché sarebbe stato pericoloso rimanere ancora lì, ma il giovane, che non intendeva farlo, esclamò:
<<Non andrò via, nemmeno se dovessi rischiare di perdere la mia vita>>. Proprio in quel momento, una voce alle sue spalle tuonò: <<Eccoti accontentato!>>. Era il re che con la spada sguainata stava per ucciderlo. Il giovane, afferrata una spada che la principessa gli aveva prontamente lanciato dalla finestra, ingaggiò col rivale un feroce duello: entrambi combatterono con molta forza, finché il re cadde a terra gravemente ferito.
Prima che arrivassero le guardie, il giovane, con l’aiuto di una corda, raggiunse il balcone e liberò la principessa; poi insieme salirono in groppa al cavallo e si allontanarono velocemente per raggiungere la loro casa, dove vissero per lunghi anni felici e contenti.
Un giorno, un giovane, passando col suo cavallo sotto la finestra della stanza in cui viveva la principessa, sentì un pianto disperato. Si avvicinò quanto più gli fu possibile e vide una bellissima fanciulla che implorava aiuto.
Il giovane appena la vide se ne innamorò e non si rassegnò all’idea di saperla lì rinchiusa. Ritornò molte volte sotto la finestra della principessa, ma non riuscì più a vederla. Decise allora di farsi ricevere dal re per chiedergli la mano della figlia.
Al suo cospetto, con modi molto gentili disse: <<Signore, lascia libera tua figlia e permettimi di sposarla. Io la tratterò bene e la faro felice>>. Il re, molto adirato, rispose: <<Come osi farmi questa richiesta! Fuori dal mio castello e non tentare mai più di avvicinarti a mia figlia o sei morto!>>. Subito dopo chiamò le guardie e lo fece portare via con la forza.
Il giovane non riusciva a darsi pace, perché voleva che la principessa sapesse quanto egli l’amava, perciò decise di recarsi sotto la sua finestra e di cantarle ogni sera una serenata diversa. Finalmente, una volta, approfittando dell’assenza del re, la principessa riuscì ad affacciarsi al balcone e a parlare col giovane. Egli con voce accorata le disse: <<Vieni via con me e vivremo felici nella mia casa>>. La principessa replicò:
<<Vai via, ti prego, mio padre non vuole! Ha già scelto chi devo sposare>>.
L’innamorato rispose: <<Con lui non sarai mai felice! Io non andrò via, finché tu non verrai con me>>. La principessa continuò ad implorarlo di andare via, perché sarebbe stato pericoloso rimanere ancora lì, ma il giovane, che non intendeva farlo, esclamò:
<<Non andrò via, nemmeno se dovessi rischiare di perdere la mia vita>>. Proprio in quel momento, una voce alle sue spalle tuonò: <<Eccoti accontentato!>>. Era il re che con la spada sguainata stava per ucciderlo. Il giovane, afferrata una spada che la principessa gli aveva prontamente lanciato dalla finestra, ingaggiò col rivale un feroce duello: entrambi combatterono con molta forza, finché il re cadde a terra gravemente ferito.
Prima che arrivassero le guardie, il giovane, con l’aiuto di una corda, raggiunse il balcone e liberò la principessa; poi insieme salirono in groppa al cavallo e si allontanarono velocemente per raggiungere la loro casa, dove vissero per lunghi anni felici e contenti.
Giulia Panella
La colombina misteriosa
C’era una volta una bellissima
principessa che amava andare a cavallo.
Un giorno, mentre passeggiava nel
bosco con il suo cavallo, un orco cattivo, dall’aspetto orribile, la rapì,
portandola con sé in un torre e rinchiudendola in una stanza.La stanza era angusta: c’era solo un lettino affiancato ad una finestra.
La principessa trascorreva le sue giornate da sola, triste per il suo destino, e ogni giorno supplicava l’orribile orco affinché la liberasse.
Tutte le mattine, una colomba si posava sul davanzale della finestra e la principessa passava lunghe ore a parlarle, tanto che dopo poco tempo divenne per lei come un’amica. A lei raccontava pene e dolori.
La colombina con i suoi occhietti la fissava, come se capisse quello che le raccontava.
Un giorno la principessa decise di inviare la colomba al suo palazzo, come messaggero.
Certa però che la colomba non potesse parlare, si tolse dal collo la collanina che il re, suo padre, le aveva regalato per il suo ultimo compleanno e la legò intorno al collo della colomba.
Disse allora: <<Vai e fatti vedere da mio padre, il re. Lui riconoscerà la collana che mi ha regalato. Vai e conducilo fin qui da me, affinché possa liberarmi>>. La colomba prese il volo e si diresse a palazzo dove, come per incanto, raggiunse il re e si poggiò sulla sua spalla. Il re riconobbe subito la collana che egli stesso aveva regalato ala sua cara figlia.
Stupito e perplesso disse alla colomba: <<Chi sei? Da dove vieni? Chi ti ha dato questa collana? >>. La colomba, dopo aver emesso alcuni versi, quasi come se avesse voluto parlare, prese il volo.
Il re allora ordinò al suo cavaliere di fiducia di seguirla e di non perderla di vista.
<<Sicuramente>> disse <<ci condurrà da mia figlia!>>. Così fu. La colomba volò e volò, fino ad arrivare alla torre dell’orco, e si posò sul davanzale della finestra dove era rinchiusa la principessa.
Il cavaliere, giunto insieme al re di li a poco, sfidò e uccise il cattivo orco, liberando l’adorata principessa.
Il re e la principessa si abbracciarono e tutti e due piansero per la felicità.
Il cavaliere, non appena vide la principessa, se ne innamorò e chiese al re il permesso di poterla sposare.
Prima di ritornare al castello, la principessa andò alla finestra, convinta di trovare sul davanzale la colombina. Avrebbe voluto portarla via con sé, ma trovò soltanto la sua collanina e della colomba neanche l’ombra.
Chi fosse realmente la colombina rimase un mistero, ma alla principessa piacque pensare che fosse stata la sua povera mamma defunta che, impersonificatasi in una colomba, l’aveva raggiunta per darle conforto e per liberarla dal suo triste destino
Helen Modaffari
Ersilia
C’era una volta nel lontano regno di Estron, una bellissima fanciulla, di nome Ersilia, che aveva gli occhi celesti come il cielo e i capelli dorati come il sole; il suo volto sembrava quello di un angelo e la sua dolcezza incantava tutti coloro che la conoscevano.
Il re e la regina
di Estron vennero a sapere della bellezza di Ersilia e decisero di prometterla in sposa al loro figlio. Un bel giorno,
perciò, la convocarono a palazzo per darle la meravigliosa notizia: <<Cara, saresti felice di sposare il principe?>> disse la regina alla giovane
fanciulla.
Anche se Ersilia non lo desiderava, non esitò a dir di sì per non deludere i sovrani.
Contenta ed eccitata per le nozze, la regina però le impose una sfida: <<Sposerai il principe ad una condizione: dovrai compiere un gesto di vero amore durante la festa del suo sedicesimo compleanno che si terrà domani al palazzo reale!>>.
La povera Ersilia accettò anche questa volta e decise di regalare al principe ciò che egli desiderava da sempre: un bel coniglio nero parlante.
Il re e la regina però non furono contenti del dono di Ersilia, perché per loro quello non era un gesto di vero amore e così, delusi e arrabbiati, la rinchiusero in un vecchio castello abbandonato che si trovava nei pressi di un altro regno. <<Ersilia, a motivo del tuo poco interesse nei confronti di nostro figlio, resterai in questo castello abbandonato finché un ragazzo non farà per te un gesto di vero amore!>> disse il re, lanciando un incantesimo al castello affinché lei non potesse fuggire.
Trascorsero gli anni e nessuno mai si era avvicinato a quel palazzo, perché girava voce che fosse stregato. Un giorno, però, stranamente passò di lì un bel giovane con il suo destriero che lo accompagnava in tutte le sue avventure. Il ragazzo decise eroicamente di scalare la torre del castello e di intrufolarsi attraverso un balconcino, per verificare personalmente se ciò che si raccontava fosse vero.
Sentendo dei rumori insoliti, Ersilia si avvicinò alla stanza da cui provenivano e, nel vedere il giovane, con occhi lucidi gli chiese chi fosse. Egli rispose: <<Il mio nome è Edmund e sono il principe di Aren, un piccolo regno vicino a quello di Estron. Sono venuto fin qui con il mio fedele destriero perché ho sentito dire di una ragazza che è tenuta ingiustamente prigioniera e che, presumo, siate voi>>. Ersilia annuì e tra le lacrime disse: <<Il re e la regina di Estron mi hanno rinchiusa in questo castello e hanno fatto un incantesimo: potrò uscire da qui solo se un ragazzo farà un gesto di vero amore per me!>>. Edmund, allora, folgorato da così tanta bellezza, se ne andò promettendo alla giovane che sarebbe tornato al più presto per liberarla.
Il giorno seguente, il principe decise di prendere una chitarra dai poteri straordinari, donatagli dal suo migliore amico, e di dirigersi a cavallo del suo destriero al vecchio castello abbandonato.
Appena vi giunse, iniziò a suonare note magiche e a cantare, con voce particolarmente melodiosa, una serenata alla dolce Ersilia che, nel frattempo, si era affacciata al balcone col cuore che le batteva forte per la gioia.
Quel gesto distrusse in un batter d’occhio le mura del castello e la fanciulla si ritrovò felicissima tra le braccia del giovane Edmund.
Anche se Ersilia non lo desiderava, non esitò a dir di sì per non deludere i sovrani.
Contenta ed eccitata per le nozze, la regina però le impose una sfida: <<Sposerai il principe ad una condizione: dovrai compiere un gesto di vero amore durante la festa del suo sedicesimo compleanno che si terrà domani al palazzo reale!>>.
La povera Ersilia accettò anche questa volta e decise di regalare al principe ciò che egli desiderava da sempre: un bel coniglio nero parlante.
Il re e la regina però non furono contenti del dono di Ersilia, perché per loro quello non era un gesto di vero amore e così, delusi e arrabbiati, la rinchiusero in un vecchio castello abbandonato che si trovava nei pressi di un altro regno. <<Ersilia, a motivo del tuo poco interesse nei confronti di nostro figlio, resterai in questo castello abbandonato finché un ragazzo non farà per te un gesto di vero amore!>> disse il re, lanciando un incantesimo al castello affinché lei non potesse fuggire.
Trascorsero gli anni e nessuno mai si era avvicinato a quel palazzo, perché girava voce che fosse stregato. Un giorno, però, stranamente passò di lì un bel giovane con il suo destriero che lo accompagnava in tutte le sue avventure. Il ragazzo decise eroicamente di scalare la torre del castello e di intrufolarsi attraverso un balconcino, per verificare personalmente se ciò che si raccontava fosse vero.
Sentendo dei rumori insoliti, Ersilia si avvicinò alla stanza da cui provenivano e, nel vedere il giovane, con occhi lucidi gli chiese chi fosse. Egli rispose: <<Il mio nome è Edmund e sono il principe di Aren, un piccolo regno vicino a quello di Estron. Sono venuto fin qui con il mio fedele destriero perché ho sentito dire di una ragazza che è tenuta ingiustamente prigioniera e che, presumo, siate voi>>. Ersilia annuì e tra le lacrime disse: <<Il re e la regina di Estron mi hanno rinchiusa in questo castello e hanno fatto un incantesimo: potrò uscire da qui solo se un ragazzo farà un gesto di vero amore per me!>>. Edmund, allora, folgorato da così tanta bellezza, se ne andò promettendo alla giovane che sarebbe tornato al più presto per liberarla.
Il giorno seguente, il principe decise di prendere una chitarra dai poteri straordinari, donatagli dal suo migliore amico, e di dirigersi a cavallo del suo destriero al vecchio castello abbandonato.
Appena vi giunse, iniziò a suonare note magiche e a cantare, con voce particolarmente melodiosa, una serenata alla dolce Ersilia che, nel frattempo, si era affacciata al balcone col cuore che le batteva forte per la gioia.
Quel gesto distrusse in un batter d’occhio le mura del castello e la fanciulla si ritrovò felicissima tra le braccia del giovane Edmund.
I due allora
decisero di sposarsi e vissero per sempre sereni e contenti.
Vanessa Musolino
Il principe Carl
C'erano una volta, in un lontano paese, due principi che erano fratelli, ma che erano anche molto diversi tra loro: uno si chiamava Carl ed era bello, alto, magro e simpatico; l’altro si chiamava Andrè ed era brutto, robusto e litigioso.
I due principi litigavano sempre fra loro perché Andrè era molto invidioso del fratello e, in particolare, del
fatto che le donne non avevano occhi che per lui,
Un giorno accadde che incontrarono una bellissima ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri come il cielo. Tutti e due si presentarono a lei dicendo: <<Buongiorno, gentile fanciulla, io sono il principe Carl!>>. <<E io sono il principe Andrè!>> La fanciulla rispose: <<Io sono la principessa Margherita e sono venuta fin qui perché ho saputo che in questo paese vive una vecchina che raccoglie delle erbe miracolose che potrebbero guarire mio padre>>. Carl subito si offrì di accompagnarla, ma lo stesso fece Andrè. Margherita, forse già attratta dal fascino di Carl, accettò la sua proposta, trascurando quella di Andrè che si allontanò dispiaciuto.
Un giorno accadde che incontrarono una bellissima ragazza dai lunghi capelli biondi e dagli occhi azzurri come il cielo. Tutti e due si presentarono a lei dicendo: <<Buongiorno, gentile fanciulla, io sono il principe Carl!>>. <<E io sono il principe Andrè!>> La fanciulla rispose: <<Io sono la principessa Margherita e sono venuta fin qui perché ho saputo che in questo paese vive una vecchina che raccoglie delle erbe miracolose che potrebbero guarire mio padre>>. Carl subito si offrì di accompagnarla, ma lo stesso fece Andrè. Margherita, forse già attratta dal fascino di Carl, accettò la sua proposta, trascurando quella di Andrè che si allontanò dispiaciuto.
Nei giorni seguenti, Carl e Margherita si recarono più volte dalla vecchia e trascorsero molto tempo insieme. A quel punto, roso dalla rabbia e dalla gelosia, Andrè pensò di rapire Margherita e di rinchiuderla in una torre. Approfittò perciò di un momento in cui lei era da sola e, dopo averla costretta a salire sul suo cavallo, la portò nella torre.
Carl, non riuscendo più ad incontrare la principessa, si disperò e, quando il fratello con aria soddisfatta gli disse che Margherita era sua prigioniera nella torre, andò su tutte le furie. Chiamò il suo fedele servo, Milo, e insieme si diressero immediatamente alla torre.
Durante il cammino, un enorme cespuglio di rovi, apparso all’improvviso, impedì loro il passaggio, ma Milo, che aveva con se una spada magica, la agitò e il cespuglio svanì.
Andrè, che per mezzo di un anello magico poteva vedere i movimenti del fratello, appena si accorse che stava galoppando verso la torre, soffiò sull’anello stesso e lanciò una maledizione che raggiunse il cavallo di Carl. L’animale, infatti, nel saltare una staccionata, si ruppe una zampa e non poté più camminare.
Milo e Carl non si arresero, agitarono la spada e subito apparve una carrozza che li portò alla torre, dove ad aspettarli c'era Andrè che con tono minaccioso disse: <<Se rivuoi la tua amata, devi battermi in duello!>>. Carl rispose: <<Accetto, ma il duello sarà con le spade!>>.
I principi iniziarono a combattere, assestando potentissimi colpi. Ad un certo punto però Carl riuscì a spezzare in due la spada del fratello e Milo, che nel frattempo aveva fatto apparire una corda, legò il principe Andrè.
Carl liberò Margherita e insieme ritornarono al castello.
Le guardie del castello, per ordine del principe, imprigionarono Andrè e lo rinchiusero nella stessa torre in cui egli aveva portato la principessa.
Margherita e Carl, non avendo più alcun ostacolo, si sposarono e vissero felici e contenti.
Lucia Ferraro
Il prode cavaliere
C’era una
volta un prode cavaliere che era sempre alla ricerca di nuove avventure per aiutare le persone che si trovavano in difficoltà.
Si chiamava
Zaccardo, era molto giovane, ma dal fisico grande ed imponente; aveva capelli lunghi
legati a coda, indossava un lungo mantello rosso ed era sempre accompagnato dal
suo cavallo Fuda.
Girovagando
per il mondo, un giorno si fermò nei pressi di un paesino montano, all’ombra di
una grande quercia, per consumare il suo pranzo. Accanto a lui
c’era un vecchietto dallo sguardo triste, seduto su un muretto. Zaccardo gli si
avvicinò e gli chiese: << Perché sei triste? Cosa ti è successo?>>.
Il vecchietto, con la testa china, rispose: <<Le mie tre figlie sono
state fatte prigioniere da un orco cattivo che mi aveva prestato dei soldi che
io non sono riuscito a restituire. Egli perciò ha preso le mie figlie in
pegno>>.
Il cavaliere,
dopo aver tranquillizzato il vecchietto, salì immediatamente in groppa al suo
inseparabile Fuda, e si diresse verso l’abitazione dell’orco, una vecchia casa maestosa circondata da piante carnivore che non permettevano a nessuno di entrare. Una di queste allungò i suoi rami e
lo avvolse come un gomitolo di lana.
Fuda, vedendo
la difficoltà del suo padrone, si precipitò dal vecchietto per chiedere aiuto.
Il vecchietto
portò con se una spada magica che non poteva essere usata da chiunque, ma soltanto da una persona coraggiosa e forte e con la voglia di fare del bene
agli altri; la lanciò a Zaccardo ed egli l’afferrò con prontezza. <<
Usala!>> gli urlò il vecchio <<Soltanto tu potrai usarla con i
suoi poteri!>>. Zaccardo iniziò a tagliare i rami che lo avvolgevano,
entrò nella casa dell’orco, che fortunatamente in quel momento era assente,
liberò le tre fanciulle e le riportò sane e salve tra le braccia del padre.
Vincenzo Carabetta
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